I “delinquenti” giustiziati a Firenze al tempo dell’assedio del 1529-1530

L’argomento non è piacevole: oggi la storia si legge e si racconta preferibilmente tralasciando il lato oscuro e mortifero degli eventi. Non è però mancato il coraggio di trattarlo nel passato. Nel 1901 Giuseppe Rondoni, fine storico sanminiatese, pubblicò le sue ricerche d’archivio sulla pena di morte applicata a Firenze ai condannati per gravi delitti. In I giustiziati a Firenze (dal secolo XV al secolo XVIII), ricordò come fonte un codice cartaceo da lui ritrovato e lo riportò, commentandolo. Si ispirò, nel suo lavoro, allo studio di Alessandro Ademollo Le Giustizie a Roma (Cronache del Patibolo) del 1881. E Rondoni espresse all’inizio una ragione e un convincimento:

“Nè soltanto fui mosso dalla brama di tesoreggiare documenti inediti o trascurati fino a qui, ma dal bisogno d’interrogare sempre nuovi documenti umani, soprattutto di quelli che gli storici contemporanei e i posteri più neglessero, o guardarono con ribrezzo pietoso o con isdegno.
Ogni qual volta la storia scende premurosa nelle prigioni e le studia con amore diligente del vero e del giusto, come i castelli, i palagi e le regge, quando essa, nelle sue pagine, che formano il gran libro delle espiazioni e delle ricompense, non oblia scrupolosa neppur la voce dei più spregiati ed abbietti, allora fa sempre un nuovo passo sulla via del progresso”.

Il Rondoni quindi scrisse sulla Compagnia di Santa Maria della Croce al Tempio di Firenze, i cui confratelli vestiti di nero assistevano misericordiosamente i condannati a partire dalla sentenza, durante l’esecuzione e fino alla sepoltura alla porta di Santa Candida – che era presso la piazza oggi intitolata non per caso a Cesare Beccaria. Rondoni riportò di seguito i nomi dei condannati con le notizie fornite dal codice e il commento.

Diverso da tale documento, anche se di contenuto simile, è la “Nota di diversi delinquenti i quali sono stati condannati a morte per i suoi loro diversi delitti commessi”, un quaderno conservato nella Biblioteca Nazionale di Firenze. Il quale data dal 1428 al 1759 e cita la prima esecuzione con un errore di ricopiatura in quanto il suo soggetto, Francesco Stabili detto Cecco d’Ascoli eretico, fu giustiziato nel 1328 e non cent’anni dopo (ma oltre a ciò il quaderno ci sembra ragionevolmente preciso). Al 1759 l’ultima memoria concerne l’esecuzione dell’ingegnoso ladro Domenico del fu Benedetto Piccoli.
Nel mezzo dei due estremi, in circa una sessantina di pagine, il nutrito ricordo di altre persone decapitate, impiccate, arse, ovvero sottoposte, per usare il burocratese, a quell’“esecuzione decretata”, che ci dice come anche nei tempi migliori a Firenze la Giustizia non andasse tanto per il sottile.
Il magistrato, se il delitto era grave e comprovato, poteva far eseguire la sentenza anche solo un’ora dopo il delitto. E non stava, a quel che sembra, a considerare se il condannato del momento appartenesse a nobili famiglie danarose che nel passato erano state benefattrici della patria ... anzi, appare il contrario: lo status del reo era aggravante perché, se avversario politico, gli conferiva un potere sovversivo maggiore, se criminale comune non poteva essere liberato senza grazia della signoria o motivazione inattaccabile, pena il mancato rispetto se non la derisione della imparzialità della Giustizia stessa.

Non posso, per ragioni di tempo e di capacità personale, trascrivere l’interessante “Nota”, ma posso riportare, per segnalare il tutto, la parte concernente un periodo di importante crisi. Ovvero gli anni precedenti, coevi e successivi all’assedio di Firenze (ottobre 1529 - agosto 1530) compiuto dagli imperiali del principe d’Orange inviati da Carlo V con lo scopo di reintrodurre i Medici al governo.
Tale fatto d’arme fu come uno spartiacque per la città, i cui sobborghi furono devastati, e per lo stato, in quanto ebbe termine la gloriosa repubblica. Tenace per quel che poté, con l’aiuto di Michelangelo per le fortificazioni, alla fine cadde a causa dell’ambizione sconfinata di una famiglia che pure ne era stata benefattrice.
Di tali tempi la “Nota” dà veritiera misura, anche per il solo fatto che allora spesso e volentieri si giustiziò con la breve e inappellabile motivazione: “per affari di stato”.

I ricordi nel quaderno sono numerati. Partiamo dal 1528.
[...] 43. 13 marzo 1528: Berto di Niccolò Corbinelli decapitato “per affari di stato”.
44. 25 marzo 1528: Matteo di Giovanni Canigiani decapitato a ore 9 “per affari di stato”.
45. 17 aprile 1528: Pandolfo di Giuliano Pucci per sentenza del “Magistrato del Quaranta” a ore 9 fu decapitato.
46. 15 agosto 1528: Neri di Pietro Diaccioni decapitato “per affari di stato”.

47. 4 maggio 1529: ser Carlo di Michele Locchi notaio nel arcivescovado decapitato nella corte del Bargello per “avere ammazzato Giovanni della Pecora fabbro, si costituì a prigione alle ore 24 e a ore una fu decapitato”.
48. 15 ottobre 1529: Carlo di Antonio Locchi fu decapitato a ore 18 per affari di stato, “il quale aveva detto che Firenze era dei Medici e perciò era meglio rimettergli dentro che aspettare la guerra, questo disse a Piero Giacomini il quale avvisò la Signoria”.
49. 15 novembre 1529: Piero di Giovanni di Bardo “fu impiccato e arso nella corte del Bargello per vari delitti gravi”.
50. 23 novembre 1529: Lorenzo di Giovanni Cresci fu decapitato, “il perché non si sa”.

51. 29 gennaio 1530: Mariotto di Giovanni Gondi fu decapitato “nel Palazzo per sentenza dei signiori Medici”.
52. 4 luglio 1530: Lorenzo di Tommaso Soderini fu impiccato al ferro del Bargello perché “avvisava il principe d’Oranges con lettere, con cenni e quel che si faceva in Firenze quando era assediato”.
53. 14 agosto 1530: Iacopo di Simone Cresci e Francesco suo figlio decapitati in Pisa “ed era commissario per la repubblica, e in quel tempo in suo scambio andò a Pisa Pietro Orlando Giachinotti”.
54. 14 agosto 1530: Pietro Orlando Giachinotti suddetto fu decapitato a Pisa “doppo l’assedio, ed era commissario Luigi Guicciardini quando lo fece decapitare”.
55. A dì primo settembre 1530: Giuliano da Ponte a Rignano e Domenico di Costantino dal perugino furono i primi che furono impiccati al luogo “dove si costuma in oggi, quali furono giustiziati per avere rubato in molte chiese e per avere scassato molte botteghe e per avere di notte tempo scalato le mura di questa città di Firenze con robe di contrabando”.
56. 6 ottobre 1530: Giovanni di Antonio Piemontesi della Guardia andò sul carro “e da San Iacopo in Campo Corbolini gli fu tagliata una mano e in piazza fu squartato vivo per avere a(ssa)ssinato Pietro del Porco oste suo amico e datogli molti colpi sulla testa con un martello, si disse che il detto Giovanni morisse quasi arrabbiato”.
57. 31 ottobre 1530: Bernardo da Castiglione di anni 72 e Francesco Carducci Gonfaloniere per l’assedio e Iacopo Gelardini furono decapitati “per affari di stato”.
58. 22 novembre 1530: Luigi Soderini e Giovanni Battista Fei furono decapitati nel Palazzo “per affari di stato”.

59. 27 aprile 1531: Paolo del Nero fu decapitato “a canto del Tribolo a ore 22”.
60. 22 aprile 1531: Bartolomeo di Gieri Cioppi fu decapitato in palazzo a ore 7.
61. 15 novembre 1531: Iacopo di Luigi Pucci fu decapitato “per avere ammazzato una figlia”.

62. 10 agosto 1533: Gabbriello Rossi decapitato a ore 16 “per affari di stato”.
63. 12 settembre 1533: Giovanni Battista di Bernardo Federighi decapitato “per aver avvelenato un suo fratello”.
64. 29 dicembre 1533: Orlando di Giovanni Monaldi decapitato “per affari di stato”.

65. 28 aprile 1534: Andrea di Giuliano di Firenze tessitore di drappi “andò sul carro e fu strangolato e bruciato al canto alle Macine per avere rubato il Giovedì Santo in San Basilio un calice dal ciborio di detta chiesa dove vi era dentro una ostia consagrata del giorno avanti, e le ossa e le ceneri del suddetto furono sotterrate nella chiesa di San Bartolomeo in via Calzaioli”.
66. 17 luglio 1534: Uguccione di Giovanni Donati decapitato per “affari di stato”.
67. 17 ottobre 1534: Antonio Baroni decapitato “per affari di stato”.
68. 29 novembre 1534: Tommaso di Giovanni Battista Nobili decapitato “per affari di stato”.

69. 27 febbraio 1535: Agostino Biliotti fu impiccato alle finestre del Bargello.
70. Primo marzo 1535: Alessandro di Piero Peruzzi fu decapitato “per affari di stato”.
71. 27 marzo 1535: Giovanni Benini decapitato “per affari di stato”. [...]

Paola Ircani Menichini, 17 gennaio 2025. Tutti i diritti riservati.




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